Adeguamento delle condizioni di affido

A cura dell’avv. Giampaolo Pisano

Corte di Cassazione Sez. Prima Civ. – Sent. del 17.05.2012, n. 7770

Presidente Carnevale- Relatore Campanile

Svolgimento del processo

1 – Il Tribunale di Tivoli, provvedendo sulla domanda di modifica delle condizioni della separazione consensuale avanzata da M.D.M. nei confronti del coniuge C.A. , con decreto in data 18 dicembre 2007 disponeva, anche sulla base delle conclusioni di consulenza psicologica, l’affidamento condiviso della figlia Mi. , nata il (…) , prevedendo, altresì, la sua prevalente collocazione presso il padre e disciplinando le modalità di frequentazione con la madre. Con lo stesso provvedimento veniva rigettata la richiesta del C. di revoca dell’assegno di mantenimento in favore della moglie, già stabilito nella misura di Euro 400,00 mensili.

1.1 – La Corte di appello di Roma, con il decreto indicato in epigrafe, pronunciando sui reclami della M. , che si doleva del collocamento della minore presso il padre, chiedendo che venisse determinato un assegno complessivo di Euro 500,00 a titolo di contributo per il mantenimento proprio e della figlia; nonché del C. , il quale, opponendosi all’accoglimento delle richieste ex ad verso avanzate, ribadiva la richiesta di revoca dell’assegno di mantenimento in favore della moglie, acquisite tre relazioni del Servizio sociale in merito ai rispettivi rapporti fra i coniugi e la minore, disponeva che quest’ultima, nella permanenza dell’affidamento condiviso, vivesse prevalentemente con la madre, disciplinando in maniera ampia e accurata le modalità di frequentazione della piccola Mi. con il padre. Veniva affidato al Servizio sociale competente l’incarico di programmare un percorso di sostegno della genitorialità, ponendosi a carico del C. , previa revoca di analogo onere già gravante sulla M. , un contributo per il mantenimento della figlia nella misura di Euro 350,00 mensili, oltre alla metà delle spese straordinarie, nonché un assegno, in favore della moglie, pari ad Euro 250,00 mensili.

Per la cassazione di tale provvedimento il C. propone ricorso, affidato a cinque motivi, illustrati da memoria, cui la M. resiste con controricorso.

Motivi della decisione

2 – Vanno esaminate preliminarmente le eccezioni di inammissibilità sollevate nel controricorso: si sostiene che avverso il provvedimento in esame, non incidente su status e comunque sempre revocabile, non sarebbe ammesso il ricorso per cassazione, rilevandosi, in via subordinata, che, ai sensi dell’art. 111 Cost., sarebbe deducibile esclusivamente il vizio derivante da violazione di legge.

2.1 – Le eccezioni sono infondate. Deve invero richiamarsi l’orientamento di questa Corte, ormai consolidato, e formatosi in epoca successiva al risalente arresto richiamato nel controricorso, secondo cui il decreto emesso in camera di consiglio dalla corte d’appello a seguito di reclamo avverso i provvedimenti emanati dal tribunale sull’istanza di revisione delle disposizioni accessorie alla separazione, in quanto incidente su diritti soggettivi delle parti, nonché caratterizzato da stabilità temporanea, che lo rende idoneo ad acquistare efficacia di giudicato, sia pure “rebus sic stantibus”, è impugnabile dinanzi alla Corte di cassazione con il ricorso straordinario ai sensi dell’art. 111 Cost., e, dovendo essere motivato, sia pure sommariamente, può essere censurato anche per carenze motivazionali, le quali sono prospettabili in rapporto all’ultimo comma dell’art. 360 cod. proc. civ., nel testo novellato dal d.lgs. 2 febbraio 2006, n. 40, che qualifica come violazione di legge il vizio di cui al n. 5 del primo comma, alla luce dei principi del giusto processo, che deve svolgersi nel contraddittorio delle parti e concludersi con una pronuncia motivata (Cass., Sez. un., 21 ottobre 2009, n. 22238).

3 – Con il primo motivo si deduce omesso esame e travisamento del fatto, nonché contraddittoria motivazione in relazione all’affidamento della minore. Vengono prospettati due profili di censura:

a) la sentenza impugnata avrebbe omesso di indicare le condizioni della separazione consensuale, costituenti elementi essenziali del giudizio di revisione, trascurando le ragioni che avevano determinato l’affidamento della figlia al padre;

b) la circostanza relativa alla permanenza per un periodo significativo della predetta minore presso il padre, valorizzata dalla stessa corte territoriale, sarebbe stata, così determinandosi una contraddittorietà del percorso motivazionale, ignorata nel momento in cui si è statuita la collocazione prioritaria presso la madre.

3.1 – Con il secondo motivo si denuncia motivazione illogica e contraddittoria circa un fatto controverso e decisivo per il giudizio, sostenendosi, in primo luogo, che l’interesse della minore, coincidente, secondo il ricorrente, con la necessità di evitare i traumi derivanti dallo sradicamento dalla “consolidata abitudine” correlata al pregresso affidamento esclusivo al padre, sarebbe stato sostanzialmente violato, in forza della sperimentazione di una diversa soluzione, per altro confliggente con il precedente accertamento di “atteggiamenti aggressivi e ansiosi rispetto alla madre”. Sotto altro aspetto si sostiene che non sarebbero state fornite adeguate giustificazioni in merito alla collocazione prevalente presso la madre, tale da realizzare, in realtà, una sorta di affidamento esclusivo, non essendosi approfondito l’aspetto inerente all’effettivo interesse della minore ed essendosi affermata, al riguardo, l’adeguatezza della M. sebbene contraddetta dalle misure contestualmente adottate sia in relazione alla funzione paterna che al compito di vigilanza affidato ai servizi sociali.

3.2 – Con il terzo motivo si deduce violazione degli artt. 155 e 155 bis c.c., rilevandosi come l’affidamento condiviso, con collocazione prevalente presso la madre, violi nella sostanza, senza fornire adeguata dimostrazione, il precetto relativo all’esigenza di “mantenere un rapporto equilibrato e continuativo” con il padre.

3.3 – Con il quarto motivo il C. lamenta la violazione degli artt. 155 e 155 bis c.c., con riferimento al repentino mutamento, per la minore, di uno stabile riferimento, peraltro sulla base di relazioni dei Servizi sociali, delegati anche a sostituire, in futuro mediante l’attività di monitoraggio, i poteri propri della potestà genitoriale.

3.4 – Con il quinto motivo si deduce, infine, violazione dell’art. 156 c.c., travisamento del fatto, con specifico riferimento alla valutazione delle condizioni economiche dei genitori.

4. I suindicati motivi, che per la loro intima connessione possono essere congiuntamente esaminati, sono infondati.

Errata è la premessa sulla quale le doglianze del C. sembrano principalmente fondarsi: i negativi comportamenti della madre, sul piano storico, dovrebbero riverberarsi anche nelle statuizioni da adottarsi nel giudizio di revisione. Appare evidente come in tal modo il precetto contenuto nell’art. 155 ter c.c. ed il procedimento previsto dall’art. 710 c.p.c., fondati sulla necessità di adeguare nel tempo, sulla base di una più attuale e concreta valutazione dell’interesse della prole, i provvedimenti già adottati, non a caso ritenuti soggetti al principio “rebus sic stantibus”, in materia di affidamento e mantenimento della prole, vengono completamente svuotati di contenuto. La sentenza impugnata ha ricostruito in maniera scrupolosa l’evoluzione dei rapporti intercorsi fra la minore ed i genitori, ponendo particolare attenzione al positivo superamento delle difficoltà iniziali del rapporto fra la M. e la figlia, tanto che, come evidenziato nelle relazioni dei Servizi sociali, “la situazione si è modificata ed ha subito un netto miglioramento per quanto concerne l’intensità della frequentazione tra madre e figlia”, tanto che “la bambina, da quando ha iniziato a frequentare la madre in modo più assiduo, è sbocciata, mostrandosi sempre socievole e sorridente e non manifestando più atteggiamenti aggressivi o ansiosi rispetto alla madre”.

Il ricorrente, peraltro, da un lato lancia immotivate critiche e indimostrate accuse nei confronti dell’assistente sociale autrice delle relazioni, dall’altro pone insistentemente come dato di fatto difficilmente modificabile la consuetudine di vita relativa sia al precedente regime di affidamento esclusivo, sia alla collocazione della minore presso se stesso. Non viene colta, invero, la “ratio” della decisione, nella quale, attraverso una disamina degli eventi maturati nel tempo, ai quali ha corrisposto un adeguamento delle statuizioni giudiziali (come il passaggio dall’affidamento esclusivo al padre all’affidamento condiviso, disposto dal giudice di primo grado in sede di revisione con provvedimento neppure reclamato dal C. ), il giudice del merito si è sforzato di adeguare i provvedimenti in materia di affidamento alle reali condizioni di volta in volta maturati, allo scopo di realizzare l’interesse della minore. E quindi l’adozione, nell’ambito del già disposto affidamento condiviso, della prevalente collocazione della minore presso la madre, ritenuta al riguardo pienamente affidabile (con ampi spazi ai rapporti fra la figlia e il padre), costituisce il naturale sviluppo di quel processo evolutivo, nel quale, con congrua motivazione, la Corte ha evidenziato l’emersione, da un lato, di un “intenso reciproco legame affettivo” fra la M. e la figlia, e, dall’altro, di aspetti negativi relativi al collocamento della minore presso la casa paterna, “troppo invischiato con le figure parentali presenti che, pur fungendo da supporto, tendono a sostituirsi troppo spesso alla figura materna nelle comuni attività della vita quotidiana e spesso non rendono i colloqui e le scelte della coppia liberi dalla loro influenza”. Alla luce di tali considerazioni la modificazione del “punto stabile di riferimento”, appare adottata in maniera conforme all’interesse della minore e scevra di qualsiasi elemento di contraddittorietà ed illogicità.

Né può condividersi il giudizio negativo espresso dal ricorrente in merito ai compiti affidati ai Servizi sociali per la predisposizione di un percorso di sostegno alla genitorialità e per il monitoraggio delle condizioni psicologiche della minore: tale attività di supporto e di vigilanza non appare di certo usurpativa, come sembra sostenere il ricorrente, delle funzioni connesse all’esercizio della potestà genitoriale. Quanto alle condizioni economiche, deve rilevarsi che il motivo tende, sostanzialmente a una diversa valutazione del merito, non sindacabile in questa sede, se non sotto il profilo motivazionale: al riguardo vengono proposte censure generiche, senza alcun riferimento concreto alle emergenze probatorie, laddove il denunciato vizio di ultrapetizione, quanto alla determinazione del contributo per la figlia, non sussiste, trattandosi di provvedimento adottabile, anche d’uffcio, nell’interesse della prole.

Al rigetto del ricorso consegue la condanna del C. al pagamento delle spese processuali relative al presente giudizio di legittimità, liquidate come in dispositivo.

P.Q.M.

Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali relative al presente giudizio di legittimità, liquidate in Euro 2000,00, di cui Euro 1.800,00 per onorari, oltre spese generali e accessori di legge.

Depositata in Cancelleria il 17.05.2012