Assegno di mantenimento in favore dei figli

L’art. 147 cc, fra l’altro, impone ai genitori di mantenere i figli.
Nell’ipotesi di separazione o divorzio la determinazione dell’assegno dovrà essere fatta in misura tale che la somma del contributo di entrambi i genitori permetta di far fronte a tutte le esigenze dei figli di ordine abitativo, scolastico, sanitario, sportivo , culturale, sociale, morali e materiale.
L’art. 316 bis cc precisa, inoltre, che il contributo fornito da ciascun genitore deve essere in proporzione alle rispettive sostanze e secondo la loro capacità di lavoro o casalingo. Quindi, non necessariamente, il contributo dei genitori deve essere di natura economica.
Non è necessario rilevare che per effetto della scissione di un nucleo familiare, le potenzialità economiche della famiglia si riducono notevolmente. È infatti evidente che in seguito alla separazione, mentre il reddito dei coniugi rimane invariato, molte spese verranno duplicate, quali un secondo canone d’affitto, le utenze ecc.
La giurisprudenza ha avuto modo di precisare che l’assegno di mantenimento deve essere in grado di soddisfare le minime necessità per la vita e la crescita dei figli.
A tal fine è bene ricordare che la disoccupazione dei genitori non esclude automaticamente l’obbligo al mantenimento dei figli, la quale inciderà eventualmente sull’entità della contribuzione.
La quantificazione dell’assegno può essere condizionata anche da numerosi altri elementi quali la disponibilità della casa coniugale, la presenza di altri figli nati da altre unioni, l’esistenza di aiuti economici, la presenza di patologie ecc.
L’assegno così determinato dovrà essere corrisposto per 12 mesi all’anno anche nel caso in cui il figlio trascorra un mese di vacanza col genitore obbligato, in quanto l’ammontare dell’assegno tiene conto di questo periodo e perché alcune spese in favore del figlio corrono anche quando lo stesso è assente.
Ovviamente, è fatta salva ogni diversa convenzione fra le parti.
Oramai è ampiamente confermato che detto assegno debba essere corrisposto anche in favore del figli maggiorenni, se questi non sono economicamente autosufficiente.
Il genitore obbligato sarà quindi tenuto a continuare a versare il suo contributo anche nell’ipotesi in cui il figlio sia divenuto maggiorenne ma non abbia ancora raggiunto un’autonomia economica. Ovviamente, l’obbligato potrà liberarsi da tale vincolo dimostrando che il figlio non ha raggiunto l’indipendenza economica unicamente per sua colpa, ad esempio rifiutando un’offerta di lavoro.