bigenitorialità: la legge sull’affido condiviso
Lo strumento legislativo per difendere il diritto alla bigenitorialità: Legge 54/2006, Legge sull’Affido condiviso.
Da alcuni anni in Italia è in vigore la Legge 54/2006 che riconosce il principio della bigenitorialità per i figli di coppie separate anche non sposate. Questa legge ha rielaborato la disciplina dell’affidamento dei figli in materia di separazione. La L.54/2006 sull’affido condiviso introduce alcune novità nel panorama legislativo italiano, ovvero il riconoscimento di pari diritti e doveri per entrambi i genitori nei confronti dei figli e focalizza l’attenzione sul minore con i suoi bisogni evolutivi e nel mantenere costanti le relazioni con entrambi i genitori. Già qualche anno prima si parlava di “bigenitorialità“, principio che poi si è consolidato da tempo negli altri ordinamenti europei, presente anche nella “Convenzione sui diritti dei fanciulli” sottoscritta a New York il 20.11.1989 e resa esecutiva in Italia con L. 176 del 1991, nel quale vengono poi riconosciuti anche i diritti di rapporti continuativi tra nonni e nipoti e con i parenti più stretti.
Nello specifico l’art 1 (nei provvedimenti per i figli) esplicita che anche in caso di separazione dei genitori il figlio minore ha il diritto di tenere un rapporto equilibrato e costante con ognuno di essi, di ricevere cura, educazione e istruzione da entrambi i genitori e mantenere rapporti con i parenti di ciascun genitore.
Il giudice decide se vi è la possibilità di affidare i minori ad entrambi i genitori o a uno di essi, determina tempi e modi della loro presenza presso ciascun genitore, inoltre decide in che modo ciascuno di essi deve contribuire alla cura, all’istruzione e all’educazione dei figli. (art. 155 c.c. comma 2)
Apparentemente questa legge sembra rappresentare un grande cambiamento nell’ambito del Diritto della famiglia, anche in relazione alle trasformazioni che negli anni ha subìto la società e la mentalità degli individui.
Grazie a questa disposizione la situazione si è rovesciata, i figli non vengono più affidati all’uno o all’altro genitore. Anche se nella realtà non è così semplice fornire un efficace risposta di giustizia in favore dei minori figli di genitori separati o in fase di separazione e le motivazioni di questo problema sono diverse.
Nonostante l’entusiasmo iniziale, il principio della bigenitorialità non si riesce ad applicarlo nei termini di maggiore tutela del minore a custodire un legame “equilibrato” e “continuativo”con entrambi i genitori. In realtà l’attenzione è sempre più rivolta a soddisfare le necessità degli adulti piuttosto che preservare i diritti e gli interessi dei minori.
E’ necessario che il giudice che si occupa della famiglia abbia una specializzazione in questo campo, dando importanza ai figli minori e alla loro tutela, invece ancora oggi i giudici continuano a non essere competenti in materia di affido condiviso.
Senza pensare a quanto tempo perdurano le cause di separazione nel nostro sistema giudiziario, lasciando in una situazione di instabilità la famiglia, determinando l’aumento della conflittualità tra ex coniugi, con deleterie ripercussioni sui figli che sono costretti a subire attese infinite, mentre quest’ultimi dovrebbero ricevere risposte rapide ed efficaci.
Nella realtà dei fatti, quando il giudice predispone che i figli suddividano il tempo “equamente” con entrambi i genitori, seguendo acriticamente ciò che dispone la L.54/2006, è giusto che trascorrano lo stesso tempo col padre e con la madre, ma allora sarebbe più corretto parlare di “affido diviso”. I genitori vorrebbero dividere in modo matematico il tempo da trascorrere con figli, sottoponendoli a degli orari precisi da rispettare e a cambiare casa ogni tre giorni per poter suddividere esattamente a metà la settimana con entrambi i genitori.
L’obiettivo che si propone la legge è mantenere la continuità dei rapporti tra il prima e dopo la separazione, attraverso la conservazione di una interazione concreta tra il minore e il nucleo familiare integro che aveva prima della separazione. Questo principio se applicato efficacemente dimostra come i figli affidati ad entrambi i genitori che vivono in due contesti abitativi differenti, possano interagire in modo libero ed equilibrato con entrambi.
L’attuazione di questo modello prevede una paritetica assunzione di responsabilità e compiti di cura da parte dei due genitori.
Nell’ambito delle separazioni il minore si trova inserito in un processo di crescita all’interno del quale la sua maturazione è favorita da una situazione di incertezza dove è obbligato a confrontarsi a valutare e scegliere tra soluzioni diverse. Per un minore è più sano non essere inserito in un contesto dove gli vengono impartiti gli insegnamenti solo da un genitore, come avviene nell’affidamento esclusivo, ma avere la possibilità di ricevere stimoli e proposte educative eterogenee, anche se differenti e opposte, ma entrambi con pari affidabilità e legittimità. Se il sistema giuridico intende far si che un minore cresca e abbia un buon sviluppo psicoaffettivo, è fondamentale che attribuisca ad entrambi i genitori legittimità e attendibilità di poter contribuire alla crescita del minore.
Dott.ssa Giorgia Usai – Psicologa