La mediazione familiare: terra di confine

La mediazione familiare: terra di confine

Articolo scritto in esclusiva per RENAGESE dal Prof. Dino Mazzei (direttore dell’Istituto di Terapia Familiare di Siena)

Premessa

Negli ultimi 10 anni la diffusione della mediazione familiare ed importanti cambiamenti legislativi hanno dato vita a interessanti riflessioni sulla delicata fase del ciclo di vita della famiglia rappresentata dalla separazione coniugale e sugli interventi di aiuto ad essa dedicati. L’introduzione della legge sull’affidamento condiviso (54/2006), relegando l’affidamento esclusivo a situazioni di straordinaria gravità, ha proposto un radicale cambiamento nei criteri di scelta della magistratura in tema di affidamento dei figli nelle separazioni, orientandoli alla cogenitorialità come principio che sancisce un diritto del minore (Maglietta, 2006). La normativa ha quindi rovesciato la prospettiva precedentemente in uso, prevedendo come prassi normale un affidamento condiviso e limitando l’affidamento esclusivo a quelle condizioni in cui la condivisione delle responsabilità genitoriali risulti gravemente pregiudizievole per il sano e armonico sviluppo dei figli.

Con l’introduzione del principio della cogenitorialità si è assistito, nella pratica della mediazione familiare, ad una positiva diminuzione dell’enfasi sul tema dell’affidamento. I genitori, dando per scontato l’affidamento condiviso, si concentrano sin dall’inizio sull’organizzazione del progetto genitoriale e sui bisogni e sulle esigenze dei figli: prevalentemente sui disaccordi relativi ai tempi ed ai modi per la gestione dei figli e sulle differenze rispetto alle impostazioni educative.

Per raggiungere il suo obiettivo principale, cioè la definizione di accordi duraturi per la gestione condivisa della crescita dei figli nel rispetto dei bisogni di tutti i membri della famiglia, la mediazione familiare deve quindi rivolgere la sua attenzione alle modalità con cui è possibile riorganizzare le funzioni genitoriali e preservare i legami a fronte della dirompente rottura del rapporto coniugale.

La mediazione familiare terra di confine

Per illustrare l’aspetto specifico che ha caratterizzato sempre di più il nostro lavoro di mediazione familiare vogliamo proporre la metafora del confine.

Dalla disamina etimologica emergono due accezioni del termine confine. La prima rimanda al solco dell’aratro, al taglio, alla demarcazione, a ciò che permette l’emergere della forma : Limes.

La seconda invece sottolinea la caratteristica dell’accesso, del passaggio, lo spazio-soglia che mette in contatto: Limen.

In altre parole ogni confine demarca, definisce, identifica, separa ma nello stesso tempo ha la caratteristica di connettere, unire, mettere in relazione . “Se il confine distingue accomunando, ne segue un importante corollario, nessun confine può eliminare l’altro o escluderlo, dal momento che lo implica nella sua stessa essenza” (Gomarasca, 2004, p. 19).

Alla base del modello di mediazione familiare da noi proposto, definito simbolico trigenerazionale (Mazzei, 2002), vi è l’assunto che, solo innescando, favorendo processi elaborativi dell’evento separativo possiamo garantire una funzione genitoriale che tuteli e sostenga una crescita equilibrata dei figli. Ciò significa che mentre da una parte si prende atto e si accompagna la separazione della coppia coniugale, dall’altra è necessario costruire un nuovo patto che sostenga la coppia genitoriale nei compiti legati alla crescita dei figli e alla messa in sicurezza dei legami familiari e generazionali.

L’elaborazione della separazione, il raggiungimento del divorzio psichico rimanda alla necessità di dare un significato a ciò che è avvenuto per giungere da una parte alla distinzione, al distacco, alla demarcazione (Limes) e dall’altra alla ricongiunzione, alla riconnessione, al riprendere su di sé le parti che sono state depositate nell’altro, per giungere ad una nuova integrazione (Limen).

La mediazione familiare, come da noi intesa, si presenta quindi con una terra di confine, uno spazio fisico, metafora di uno spazio mentale, in cui si incontrano e coesistono termini apparentemente inconciliabili: è un intervento contestuale, finalizzato al raggiungimento di accordi, necessariamente circoscritto, che si svolge prevalentemente in un clima di aspra conflittualità. Per questo motivo non è un intervento per tutti e necessita di una preliminare e accurata valutazione della presenza, nella coppia genitoriale, della disponibilità, nonché della possibilità di attivazione e potenziamento, di uno spazio mentale sufficiente ad una efficace elaborazione e significazione della propria esperienza separativa.

Il modello simbolico trigenerazionale

Il modello simbolico trigenerazionale intende il divorzio come un processo complesso che per essere compreso ed elaborato deve essere affrontato tenendo in considerazione più livelli di lettura: personali, di coppia, familiari e sociali (Cigoli, 1993, 1997, 1998, 1999). Occorre, in modo particolare, analizzare come i modelli appresi nella famiglia d’origine rispetto a temi quali la relazione di coppia e la genitorialità, abbiano influito sull’andamento della storia di coppia, dalla scelta del partner fino alla rottura del patto coniugale, nonché sul modo di interpretare i ruoli affettivi ed educativi nei confronti dei figli (Giacometti, 1995).

Nel momento della crisi familiare e della separazione i genitori devono quindi essere aiutati a individuare l’origine e il significato delle emozioni che stanno vivendo, a distinguere la loro storia individuale da quella di coppia, la dimensione coniugale da quella genitoriale in modo che la sofferenza e la delusione per la perdita del progetto amoroso non saturino lo spazio mentale che deve, invece, essere il più possibile a disposizione per cogliere i bisogni e le esigenze dei figli. (Emery, 2008; Giacometti , Mazzei 2011).

Quando dopo una prima fase di analisi della domanda si propone alla coppia una mediazione familiare, nel nostro modello “l’opportunità per innescare un’elaborazione di queste dimensioni , è data dalla richiesta degli utenti della mediazione, di raggiungere degli accordi in merito a cose, denaro e figli. Ha così preso forma una fase della mediazione familiare , breve per altro, dove , per poter raggiungere degli accordi, abbiamo prima riflettuto con i genitori su quali fossero i significati affettivi e relazionali di quei beni che in quel momento erano oggetto di contesa” (Mazzei, 2002).

La ricerca dei significati affettivi e relazionali degli “oggetti del contendere” è diventata così il nucleo centrale dell’intervento, un‘opportunità di innescare processi elaborativi partendo però da quello che in quel momento aveva spinto le persone a richiedere la mediazione familiare. Dare un significato alla propria rabbia e al proprio dolore, riconoscere quello dell’altro ed essere riconosciuti nel proprio, contiene e desensibilizza il conflitto e permette l’emergere di atteggiamenti collaborativi.

Dopo questo lavoro di risignificazione e un incontro che prevede la partecipazione dei figli, normalmente si instaura un clima relazionale che permette l’inizio dell’ultima fase prevista dal modello simbolico trigenerazionale, che consiste nella negoziazione vera e propria per il raggiungimento degli accordi rispetto ai problemi sui quali la coppia aveva chiesto di essere aiutata, nonché la sperimentazione degli stessi.

Nel corso della mediazione familiare, quindi, attraverso la contestualizzazione e la messa a fuoco delle questioni importanti da affrontare, i genitori vengono aiutati nel transito verso una nuova organizzazione familiare e nell’appropriazione di nuove modalità di porsi i problemi e di trovare le soluzioni più adatte al proprio benessere e, soprattutto, a quello dei propri figli.

Dino Mazzei

Psicologo e psicoterapeuta, vice presidente dell’A.I.T.F. (Associazione Istituti di Terapia Familiare). Direttore dell’Istituto di Terapia Familiare di Siena e didatta in molti Istituti di formazione, tra i quali l’ITF di Firenze, Logos di Genova, L’Istituto Veneto di Terapia Familiare. Socio Ordinario Didatta della SIPPR (Società Italiana di Psicologia e Psicoterapia Relazionale). Si è occupato di psicologia giuridica con un’esperienza ventennale nelle istituzioni penali minorili. E’ autore in questo ambito di numerose pubblicazioni tra le quali il libro La mediazione familiare, il modello simbolico trigenerazionale, Raffaello Cortina, Milano, 2002, e con Katia Giacometti, Il terapeuta sistemico-relazionale. Itinerari, mappe e nessi tra interazioni e rappresentazioni, Franco Angeli, Milano, 2011.

Bibliografia

Cigoli V. (1993),”La natura dei legami tra le generazioni: i rischi e i danni a cui espone la separazione. Intervento al seminario ” La disgregazione coniugale: la mediazione e la consulenza”, Istituto di Terapia Familiare di Siena, Settembre.

Cigoli V., Gulotta G. e Santi G. (1997), Separazione, divorzio, affidamento dei figli ,Giuffrè Editore, Milano

Cigoli V. (1997), Intrecci familiari, Raffaello Cortina, Milano.

Cigoli V. (1998), Psicologia della separazione, Il Mulino, Bologna.

De Bernart R., Francini G., Mazzei D. e Pappalardo L., (1999), Quando la coppia finisce la famiglia può continuare? in: Andolfi M., Angelo C., Saccu C. (a cura di )”La crisi della coppia” Raffaello Cortina, Milano.

Emery R. E. (2008), La verità sui figli e il divorzio, Franco Angeli, Milano.

Giacometti K. (1995) L’evento separativo nella famiglia tra ripetizione e creatività”, in Interazioni, 2, Franco Angeli.

Giacometti K., Mazzei D. (2011), Il terapeuta sistemico relazionale. Itinerari, mappe, nessi, tra interazioni e rappresentazioni, Franco Angeli, in corso di stampa.

Gomarasca P. (2004), I confini dell’altro, Vita e pensiero, Milano, 2004.

Maglietta M. (2006), L’affidamento condiviso dei figli, Franco Angeli.

Mazzei D. (2001), Il modello di mediazione familiare dell’AIMS”, in Maieutica, N°15-16, ISCRA, ITFF, Modena.

Mazzei D. (2002), La mediazione familiare. Il modello simbolico trigenerazionale, Raffaello Cortina, Milano.

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