Pensione di reversibilità e convivenza

Pensione di reversibilità e convivenza

Con una recente sentenza (n. 58/2018) il Tribunale di Milano ha precisato che ai fini del calcolo della quota di pensione di reversibilità occorre tener conto anche degli anni di convivenza pre-matrimoniale.

La pensione di reversibilità (o pensione ai superstiti) è un sostegno economico previsto dalla legge in favore dei familiari superstiti del de cuius assicurato o pensionato INPS. Si parla invece di pensione indiretta se al momento del decesso egli lavorava ancora.

La pensione ai superstiti spetta al coniuge, ai figli (sino a 26 anni se studenti universitari, sino a 21 anni, se studenti delle superiori, altrimenti sino alla maggiore età, o senza limiti di età se inabili) e, in mancanza, ai genitori over 65 senza pensione, o ai fratelli ed alle sorelle inabili.
Perché possa essere riconosciuta la reversibilità ai familiari diversi dal coniuge, è necessario inoltre che essi fossero a carico del defunto. Tale condizione è presunta per i figli minori, mentre deve essere provata dagli altri familiari.

In particolare, il coniuge superstite ne è beneficiario anche se sia intervenuta la separazione personale. Se invece antecedentemente al decesso sia intervenuto il divorzio, l’ex coniuge potrà ottenere una quota della pensione di reversibilità solo se gli è stato riconosciuto un assegno divorzile.

In caso di presenza di un coniuge superstite e di un ex coniuge beneficiario di assegno divorzile al momento della morte del de cuius, entrambi avranno diritto ad una quota di pensione di reversibilità, che va calcolata in base agli anni di matrimonio.

Nel caso affrontato dal Tribunale, tuttavia, si poneva la questione relativa alla computabilità o meno degli anni di convivenza pre-matrimoniale.

Accadeva infatti che alla morte del coniuge, la seconda moglie avesse trascorso con lui solamente 8 mesi di matrimonio, mentre l’ex coniuge divorziata ma beneficiaria di assegno divorzile aveva trascorso con il defunto ben 40 anni di matrimonio.

In applicazione della lettera della legge, che fa esclusivo riferimento alla durata del matrimonio, la seconda moglie, già priva di risorse proprie, avrebbe quindi beneficiato di una ben misera quota di pensione di reversibilità in proporzione a quella spettante alla prima, nonostante quest’ultima fosse anche titolare di una propria pensione di anzianità.

Il Tribunale di Milano, accogliendo il ricorso della seconda moglie, ha invece ritenuto che la norma vada interpretata nel senso che il calcolo debba essere effettuato tenendo conto anche della convivenza pre-matrimoniale (nel caso di specie, 11 anni). Ciò in quanto, secondo il Giudice, il criterio stabilito dalla legge va affiancato da ulteriori elementi correttivi, in modo tale da garantire comunque la finalità solidaristica della pensione di reversibilità e una maggiore equità economica e sociale. In particolare “Devono essere valutati, infatti, le condizioni economiche delle parti e l’ammontare dell’assegno goduto dal divorziato prima del decesso dell’ex coniuge alla luce delle finalità solidaristiche che presiedono al trattamento di reversibilità, corrisposto allo scopo di porre sia il coniuge superstite sia l’ex coniuge al riparo dell’eventualità di uno stato di bisogno che potrebbe derivare dalla scomparsa del coniuge/soggetto obbligato (cfr. Corte Costituzionale 2000/491; Cassazione 23379/04; 6272/04; 1057/02). Deve essere compresa tra gli elementi valutativi ulteriori anche la convivenza more uxorio eventualmente intercorsa tra il deceduto ed il coniuge superstite, pur non potendo essere assimilata al matrimonio, al fine di escludere gli eventuali riflessi negativi della durata del matrimonio sulla posizione del coniuge che rimane primo del contributo che in vita apportava il coniuge defunto (si vedano anche Cass. S.U. 159/98, Cass 18199/06, 4867/06, 6272/04)”.

Avv. Marco Schirru

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